Firenze
info@associazionegiancarloberni.org

Covid 19: per comprendere oltre il linguaggio medico

Covid 19: per comprendere oltre il linguaggio medico

A cura del Dott. Alfonso Lagi

Un uomo (o una donna) comune con il Covid 19

Lo scopo di questa nota è di segnalare come si dovrebbe curare un tale tipo di paziente, ricordando che non esiste un  protocollo concordato dalle autorità sanitarie del paese ( e questo non è bene).

Nell’85% dei casi il virus Sars Cov 2 che provoca la malattia Covid 19 è causa di lievi sintomi. È quello che può capitare più frequentemente indipendentemente dall’età. Il 15% dei soggetti colpiti presenta invece la insufficienza respiratoria definita dalla bassa concentrazione di ossigeno nel sangue (si misura con il pulsossimetro al dito di una mano) e necessita di essere ricoverata per assumere ossigeno e per essere monitorizzata per trattamenti invasivi e solo il 5% ha necessità di trattamenti rianimatori (intubazione).

Ecco quindi il nostro uomo di circa 70 anni che assume alcuni farmaci per la sue patologie croniche (ipertensione e bronchite) che si accorge di avere febbre (37,5°) tosse secca e difficoltà respiratoria. È stato a contatto con soggetto positivo 5 giorni prima. Potrebbe avere la Covid 19.

Come si trasmette il Sars Cov 2

Si trasmette da una persona all’altra attraverso goccioline respiratorie di varie dimensioni, più grosse (droplets) o più piccole (aerosol), che si formano nell’atto di respirare, tossire, stranutire, parlare, cantare. Esse sono concentrate in pochi metri e la loro trasmissibilità decresce con l’aumentare del distanziamento e con la presenza di ventilazione (ambienti aerati). Si comprende quindi la maggiore contagiosità dei mesi invernali e degli ambienti chiusi. L’aerosol si forma durante il canto, il parlare concitato e il respiro affannoso (attività fisica) e questo richiede un distanziamento maggiore. Il virus può depositarsi e può persistere su superfici inanimate ma la sua contagiosità non è certa. 

I pazienti affetti da Covid 19 diventano contagiosi due, tre giorni prima di manifestare i sintomi e due tre settimane dopo l’inizio dei sintomi.  Si dubita che la positività dei tamponi dopo tale periodo corrisponda ad una protratta contagiosità. Si ritiene al momento che l’isolamento di 10 giorni nei soggetti positivi dopo l’inizio dei sintomi, se la febbre è assente, sia una garanzia sufficiente di una bassa contagiosità.

  • Ricordiamo che la Covid 19 si presenta con un ampio numero di sintomi la cui presenza può variare da un soggetto ad un altro: tosse, febbre, dolori muscolari, diarrea – vomito, anosmia e ageneusia. Fra i contagianti il 50% presentano sintomi entro 5 giorni, gli altri entri i 6 giorni successivi. La insufficienza respiratoria si sviluppa fra i 5 e gli 8 giorni dall’inizio dei sintomi ed è un segnale di preoccupazione.
  • La diagnosi viene fatta con il rilievo del virus in campioni (tampone) del naso faringe. Su questi campioni si pratica il test molecolare (più sensibile ma che richiede più tempo per avere il risultato – molte ore) o il test antigenico (molto meno sensibile e specifico ma per il quale è sufficiente mezza ora). Sulla saliva sono allo studio test antigenici che devono ancora essere validati ma andranno considerati come alternativa ai test antigenici rapidi su tampone oro-naso faringeo o nasali. Il tampone molecolare è la prima scelta, in caso di caso sospetto sintomatico, in caso di contatto stretto con un caso confermato che manifesta sintomi, negli screening degli operatori sanitari, nei soggetti a contatto con persone fragili o per l’ingresso in comunità chiuse. In altri contesti è indicato ricorrere ai test antigenici rapidi che sono eseguibili anche in modo delocalizzato consentendo di accelerare le misure previste. Nei casi in cui il test rapido dovesse risultare positivo può essere necessario averne la conferma tramite il tampone molecolare specialmente in assenza di un legame epidemiologico.
  • La severità della malattia determina la terapia. Quelli con sintomi lievi e senza insufficienza respiratoria se ne devono stare a casa, in isolamento, con mascherina e distanziamento sociale, con il controllo del medico valutando la febbre, i sintomi che presentano e la ossigenazione.
  • I farmaci utilizzati sono il Remdesivir (un antivirale recentemente approvato) e il desametazone che hanno mostrato beneficio nei pazienti ospedalizzati, cioè più gravi mentre non sono stati utilizzati nei pazienti con forme lievi e non evolutive. Il Remdesivir è un farmaco che blocca la replicazione del virus e trova indicazione nelle fasi precoci della malattia. Il desametazione serve per ridurre le componenti infiammatorie dannose per l’organismo.

Altri farmaci son gli anticorpi monoclonali diretti contro il virus, non disponibili nel nostro paese o il siero dei convalescenti che è ricco di anticorpi bloccanti. Infine si usa l’eparina a basso peso molecolare sottocute per evitare le complicazioni trombotiche.

La iodrossiclorochina e la clorochina non hanno mostrato per ora nessun beneficio. La azitromicina è usata non per contrastare il virus ma per combattere una eventuale concomitante infezione batterica

  • Il farmaco più utilizzato nel trattamento delle forme lievi è la tachipirina 500 mg da prendere anche più volte al giorno per il controllo della febbre e dei dolori muscolari.

Questo paziente deve rimanere sotto controllo medico perché è portatore di fattori di rischio di peggioramento.

I fattori di rischio più comuni sono: età anziana, malattia cardiovascolari, malattia polmonari croniche, diabete e obesità, insufficienza renale.

Viene consigliato di fare alcuni esami di laboratorio che sono indicativi di una condizione di progressione di malattia: Emocromo con formula, d dimero, LDH, proteina C reattiva.
I risultati non evidenziano anormalità particolari. Questo, insieme alla stabilità dei sintomi, contribuisce a tranquillizzare il medico.
Viene consigliato di eseguire un test molecolare (tampone naso faringeo) il cui risultato è negativo.
La specificità del test è vicina al 100% ma poiché il sospetto è forte viene consigliata l’isolamento fino al 10° giorno dal contatto. Poiché il paziente è sintomatico e il tampone è stato fatto dopo 5 giorni è opportuno un nuovo tampone dopo il decimo giorno.
Il tampone è positivo.
Si tratta di decidere se praticare una terapia al paziente o continuare l’osservazione. Fanno prendere una decisione il tipo e la intensità dei sintomi (tosse, febbre difficoltà di respiro) se essi sono in aumento rispetto all’inizio o sono stazionari o diminuiti.

I pazienti con malattia lieve devono stare in casa in isolamento utilizzando farmaci sintomatici (per la febbre la tosse i dolori muscolari).  Quelli con malattia moderata devono stare a casa ma con il controllo del medico; quelli con malattia severa si devono ricoverare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial